Il Rock come la Classica? (Generi ed Etichette)

Ho voluto aprire questa “finestra” sul blog di Guido con l’intento di dar vita a scambi e riflessioni di ordine musicale con i frequentatori del sito.

Innanzitutto vorrei fare alcune considerazioni ( … e ne parlavo proprio con Guido non molto tempo fa) sul “peso” sempre maggiore che sta assumendo il “passato” riguardo all’andamento generale della musica pop rock (poi che si tratti di generi e sotto-generi non cambia di molto la cosa). I riferimenti continui ai “grandi” della scena britannica e americana, la tendenza a “rifare” pedissequamente molte cose, la riproposizione di “moduli” e “modelli” già abbondantemente collaudati sta creando – a mio giudizio – una situazione di stallo che spinge sempre più quella che un tempo era una musica viva e in continuo rinnovamento in una specie di “ghetto” da conservatorio. In altre parole, al pop e al rock, sta succedendo ciò che è successo alla musica classica e in gran parte al Jazz! Solo che la musica classica ci ha impiegato – lasciando perdere le origini – almeno un paio di secoli per conseguire quello stadio, mentre con il pop rock tutto si sta delineando nell’arco di mezzo secolo! Siamo, (socialmente parlando) in una fase di inevitabile accelerazione o siamo piuttosto entrati in una fase di disgregazione e omologazione? ( … perdonatemi la terminologia, ma non me ne viene in mente una migliore).

Io stesso, a causa del mio passato musicale nei Fantom’s, risento di questa condizione. Sono orgoglioso di aver fatto ciò che ho fatto tra il 1966 e il 1970 con i Fantom’s e poi, dagli inizi degli anni 70 ai primi anni 80, con i Lady Music, e sono certamente lusingato dal fatto che i vecchi brani dei Fantom’s siano apprezzati dagli amatori del genere e “arrivino” ancora a molte orecchie, però, quando leggo qualche commento che cerca di definire il “genere” di quelle canzoni mi coglie qualche brivido. Per alcuni è beat italiano, per altri psichedelia, per altri addirittura punk garage (pre? … perché post sarebbe anacronistico!). A quei tempi non ci ponevamo questo tipo di domande. Sembrerà banale, ma si pensava solo a suonare, in maniera ingenua e istintiva. Si coglieva ciò che “era nell’aria”, e nell’aria c’erano grande fermento e cambiamento. Ma quello naturalmente era un tempo di rivoluzioni sonore che non riguardavano solo chi la musica la faceva, ma anche chi la produceva e la gestiva. La meravigliosa sincronicità di quegli sviluppi tecnologici e culturali ha prodotto il miracolo della musica moderna che va dal Jazz (me lo concedano i puristi) al rock progressive dei primi anni 70, o se volete ai Kraftwerk e a Giorgio Moroder! Passando naturalmente per il blues, il rock, il beat, il metal e tutto il resto (non è il caso di fare la lista). Poi molti hanno cominciato a vivere di rendita su quello che avevano fatto gli altri. E’ giusto … succede sempre così e succedeva così anche prima. Quello che bisognerebbe recuperare, a mio giudizio, è la capacità di uscire da schemi e modelli pre-confezionati, e magari smetterla di analizzare col bisturi ogni cosa, per etichettarla o semplicemente criticarla perché non aderisce pienamente ad uno “stile”. Mi è capitato ad esempio di far ascoltare a gente esperta miei remakes da solista di vecchi brani dei Fantom’s e di sentirmi dire che non erano più beat o psichedelici solo perché ci avevo infilato dentro un suono di sintetizzatore che prima non c’era! E pensare che una delle prime band ad usare il Teremin (antenato del Moog) sono stati i Turtles! Quelli di “Eleanore”, che poi è stata tradotta in italiano con il titolo di “Scende la pioggia” e portata al successo da Gianni Morandi! E i Turtles facevano beat venato di psichedelia … pre, post, o che altro? Diavolo, forse le cose bisognerebbe solo conoscerle meglio!

Spartaco Nagliero (dei Fantom’s)

 

01 I Fantom's all'Alfieri di Torino nel gennaio del 1966

I Fantom’s nel 1966 al teatro Alfieri di Torino

 

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